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Esercitazione 4: Analisi opere d'arte

 

1.

IL GRANDE CRETTO NERO

Burri nel suo “Grande Cretto Nero” vuole trasmettere una riflessione sulla condizione umana e sul processo di distruzione e rigenerazione. Il "Cretto" non è solo una rappresentazione visiva della frammentazione o della rottura, ma una metafora per il dolore, il trauma e la capacità di trasformazione. Attraverso queste fenditure, esplora il concetto di ferita: la superficie nera e spezzata diventa simbolo di una cicatrice che, nonostante il suo aspetto devastante, è in realtà un processo di guarigione.
Abbiamo deciso di combinare l’opera di Burri con la tecnica giapponese del “kintsugi” proprio perché entrambe le opere si basano sull’idea che dalla rottura nasca qualcosa di nuovo.
In particolare, la tecnica del kintsugi prevedeva che quando un vaso cadeva e si rompeva venivano incollati i cocci e poi si riempivano le crepe con oro colato. L’idea, in senso metaforico, è che le crepe sono un valore, non una vergogna. Sono il simbolo del percorso dell’uomo che deve essere fiero delle proprie cadute, non terrorizzato.



Grande Cretto Nero, Alberto Burri, 1978, Museo Reale Bosco di Capodimonte, Maiolica e smalto

"Rinascita"



2.

I TUFFATORI

“Il Tuffatore - spiega Chirico - rappresenta per me un motivo importante perché io stesso nella vita mi sono tuffato senza paura. È un qualcosa fortemente connesso con il mio passato, ma anche con il mio presente e il futuro, è un invito a non avere paura, ad amare la vita a dispetto di tutto e tutti”.

"I Tuffatori" di Natino Chirico è un’opera che si distingue per la sua capacità di evocare leggerezza, movimento e un forte senso di libertà. Realizzata in diverse versioni pittoriche e scultoree, "I Tuffatori" si è trasformata in uno dei soggetti più riconoscibili e iconici dell’artista.
La scena raffigura tipicamente figure umane nel momento prima o durante il tuffo nell’acqua, colte in pose dinamiche e plastiche. I corpi sembrano sospesi nel vuoto, come se fossero congelati in un attimo di pura grazia e leggerezza. In molte delle sue versioni, l'acqua non è rappresentata in maniera realistica, ma piuttosto suggerita, lasciando spazio all'immaginazione dello spettatore.



I Tuffatori, Natino Chirico, 2024, olio, acrilico e tecnica mista su tela



3.


ACHROME

L'opera "Achrome" del 1959 di Piero Manzoni si distingue per la sua radicale semplicità e l'assenza di colore, caratteristiche che sono centrali nella sua struttura formale. Manzoni utilizza materiali come la tela grezza e la kaolinite (un’argilla bianca), modellati in rilievi e pieghe spontanee, creando una superficie monocromatica priva di qualsiasi rappresentazione pittorica tradizionale. L'assenza di colore (da cui il titolo "Achrome") è fondamentale: Manzoni cerca di liberare l'arte da ogni significato simbolico o soggettivo, puntando a una forma di espressione pura, in cui l'opera è semplicemente se stessa, senza dover trasmettere emozioni o narrazioni. Dal punto di vista espressivo, "Achrome" propone una riflessione sull'essenza stessa dell'arte, eliminando la necessità di un intervento soggettivo da parte dell'artista.Manzoni, in questo senso, si avvicina a un concetto di "arte-oggetto", dove l'opera è autonoma e non rappresentativa, distanziandosi dall'arte figurativa e anche dall’espressione emotiva tipica dell’informale. 

Abbiamo scelto "Achrome" perchè rappresenta una radicale deviazione dalle aspettative dell'arte tradizionale. Manzoni mette in discussione l’idea dell’artista come creatore e dell’opera come veicolo di significati e narrazioni, rendendo l’arte un’esperienza più contemplativa e concettuale.



Achrome, Piero Manzoni, 1959, Galleria Nazionale D'arte Moderna, tela grinzata e caolino



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